Tutti gli anni, nel mese di maggio, la cittadina di Carloforte è al centro di un importante evento: la mattanza. Si tratta di una particolare tecnica di pesca del tonno le cui origini si perdono nella risalente antichità. Cenni si trovano addirittura nell’Odissea di Omero e negli scritti di Plinio che parla delle tonnare della Sicilia. Probabilmente furono i fenici ad impiantare le prime tonnare (forse a Cadice) ed anche i greci si dedicarono alla pesca del tonno su larga scala.
Peraltro l’attuale rituale venne introdotto dagli arabi – prima in Spagna e in Sicilia e poi nel resto del Mediterraneo – nell’alto medioevo. Ad essi infatti si deve la diffusione della “tonnara”, vale a dire del sistema delle reti fisse divise in “camere” e collocate in modo tale da guidare il tonno, attraverso le stesse, fino alla “camera della morte”. Col medesimo termine si indica, per estensione, anche il luogo in cui tali reti vengono utilizzate. Furono invece i normanni, nell’XI secolo, a disciplinare sul piano giuridico le tonnare in relazione ai diritti regi ed alla loro riscossione.
In Sardegna la mattanza venne introdotta dagli spagnoli nel Quattrocento. Nel Seicento arrivò in Liguria e nell’Ottocento conobbe il periodo di massima espansione. Nel corso dei secoli le tonnare furono impiantate in Sicilia, in Sardegna, in Calabria e in Liguria. Per tradizione gli antichi stabilimenti per la lavorazione del tonno erano ubicati in prossimità delle saline essendo il sale l’elemento necessario per la conservazione del pesce che non poteva consumarsi fresco.
La pesca del tonno è tuttora incentrata intorno al tonnarotto più esperto, detto “rais” (termine di origine araba che significa “capo”). E’ il custode delle tecniche e dei segreti che si tramandano di generazione in generazione: è lui che dirige le operazioni, dettando la particolare disposizione delle reti e impartendo gli ordini a tutto il gruppo di pescatori sino all’uccisione dei tonni. Il rais, uomo di specchiata fedeltà nei confronti del padrone della tonnara, deve avere grandi cognizioni sul fondo del mare e sulle abitudini del tonno, deve saper costruire le reti in modo che la burrasca non le danneggi e deve altresì sorvegliarle continuamente. E’ necessario persino che abbia buone conoscenze di meteorologia per presagire le condizioni del tempo.
Il lavoro dei tonnarotti inizia ad aprile allorché vengono calate in mare una serie di grosse reti che possono raggiungere anche alcuni chilometri. Le reti vengono calate ove si ritiene abbondante il passaggio dei tonni, vale a dire nella presunta “rotta di migrazione” dall’Atlantico che il tonno apprende per via genetica. Lo specchio di mare in cui vengono gettate deve avere una profondità di almeno 35 metri. Le reti, vere costruzioni di corde e maglie, si distinguono in anteriori e posteriori. Data la loro disposizione inducono i tonni ad addentrarsi sempre più nelle maglie interne fino ad arrivare alla cosiddetta “camera della morte”. Il tonno entra seguendo il suo istinto, nonostante la rotta sia sbarrata dalla rete, inconsapevole del destino che lo attende.
E’ in maggio che, agli ordini del rais, si compie la mattanza. La mattina, il rais si reca nella tonnara prima del sorgere del sole e spinge i tonni nella camera della morte. Quindi annuncia che tutto é pronto. Nella terraferma la gente aspetta con impazienza, alcuni sono armati di binocoli. Tutto il paese partecipa all’ansia dei pescatori e, sempre più spesso, arrivano anche personalità per assistere allo spettacolo. La mattanza viene effettuata accerchiando le reti e tirandone i lembi esterni sui barconi finché affiorano i tonni che vengono presi con l’ausilio di grossi arpioni.
Le varie “camere” di queste reti sono prive di fondo e perciò una buona parte di esse deve rimanere stesa immobile sul fondo. L’ultima camera, detta camera della morte, é l’unica ad essere chiusa in basso, perché deve essere sollevata con i tonni prigionieri quando si dà inizio alla vera e propria mattanza. Il pesce che incappa nella prima grande camera della rete non cerca di tornare indietro ma tenta di attraversare l’ostacolo, smarrendosi nelle camere vicine. Il viaggio si conclude nella “camera della morte” dove i tonni impazziti cominciano a fendere l’acqua con le pinne e la coda. Ha inizio un angoscioso e selvaggio carosello: un vero e proprio maremoto prodotto da queste creature del mare, intrappolate senza più scampo, che si dibattono, in mancanza della profondità per cui sono nate, alla ricerca disperata di una via d’uscita.
Le grida dei tonnarotti si confondono con i colpi di coda e i movimenti d’acqua generati dai tonni. Nel momento in cui il numero dei tonni imprigionati nella camera precedente a quella della morte è notevole, la rete di divisione tra le due camere viene ritirata e si attende l’ingresso dei tonni nella camera successiva, quella della morte appunto. A ingresso avvenuto ha inizio la mattanza: la rete viene tirata su e i tonni, man mano che l’acqua a loro disposizione diminuisce, sono costretti a salire in superficie. Qui si dibattono e si accavallano in pochi centimetri d’acqua, dandosi terribili colpi di coda, massacrandosi a vicenda, lanciandosi disperatamente contro gli angoli della camera della morte.
Il mare, quasi per un sortilegio, si tinge di rosso: la trappola dell’uomo ancora una volta ha funzionato. Sul grande frastuono di urla e di spruzzi, si sente il fischio del rais che ordina la mattanza finale: ora comanda l’attacco come farebbe un generale il giorno della battaglia. Con un grido poderoso gli uomini protendono fuori bordo i loro tremendi uncini. A questo punto i tonni vengono colpiti e issati a bordo delle chiatte tramite aste provviste di grossi uncini e l’utilizzo di paranchi per gli esemplari più grossi. E’ uno spettacolo antico e cruento al tempo stesso.Il rais – sempre ritto sulla sua barca al centro della strage – dirige a braccia alzate la mattanza emettendo a intervalli regolari lunghi e fermi fischi che sembrano le trombe del Giudizio Universale. Indossa un pesante impermeabile di gomma ed ha il capo coperto da un cappuccio. Per sovrastare le grida degli uomini che si fanno sempre più assordanti, impartisce gli ordini con l’ausilio di un fischietto e con ampi e solenni gesti della braccia che lo fanno assomigliare ad un sacerdote intento a compiere strani riti.
I tonnarotti, a loro volta, ai comandi secchi e precisi del rais, tirano su il coppo (la rete che sta sul fondo della camera della morte). Quindi comincia la cattura dei tonni che, uncinati dai tonnarotti posti ai bordi dei vascelli, vengono issati a bordo, agguantati per le pinne e spinti sul fondo dei vascelli dove si dibattono vanamente. La confusione che segue questo momento é grande: i battelli carichi di pescatori e di spettatori si muovono dal lido e si dispongono nell’ordine in cui debbono avvicinarsi alla camera della morte. Fra le urla dei pescatori si comincia a tirar fuori la rete con grande regolarità: più la rete viene tirata, più il cerchio dei battelli si restringe e il ribollire crescente dell’acqua annuncia che i tonni stanno per essere tirati a galla.
Il tonno preso nella mattanza viene venduto fresco nei mercati del pesce o avviato all’industria conserviera dove può subire vari processi di conservazione che vanno dall’affumicatura alla salagione. Spesso viene cotto a vapore e conservato in scatola o sotto vetro sia al naturale che in olio. Molto apprezzati sono la bottarga (uova essicate e salate) e il musciame (filetto essicato). Le varie parti del tonno che si possono trovare in commercio sono: la ventresca, il cuore, la buzzonaglia, i filetti, il belu (trippa), il figatello (lattume), il tonno affumicato. Nei ristoranti vengono preparati anche piatti che ne prevedono l’uso crudo come il sushi e il sashimi.
Intorno all’antico rituale della mattanza, la partecipazione dei turisti è sempre maggiore: da qualche anno per il loro trasporto vengono addirittura organizzate apposite barche. Si tratta dunque di un’occasione importante per la promozione dell’immagine del territorio, della sua cultura, della storia e delle tradizioni che custodisce: una cultura, quella della tonnara, come si è visto, antichissima e ricca di suggestioni da riproporre anche in un’ottica di divulgazione e valorizzazione delle più autentiche radici storiche e culturali carlofortine.
Questo di tipo di pesca va comunque scomparendo a causa della diminuzione dei tonni causata sia dall’inquinamento del mare e sia, e soprattutto, dalla pesca di tipo industriale che intercetta i banchi dei tonni molto prima che si avvicinino alle zone costiere. A distanza di secoli la mattanza può sembrare quasi anacronistica. E invece é ancora terribilmente reale e carica di fascino, primordiale rappresentazione dell’eterna lotta per la sopravvivenza tra l’uomo e la natura.
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