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I fari, sentinelle del mare_di Antonello Angioni

Aggrappati alle estremità di scogliere sperdute, falesie inaccessibili, promontori selvaggi o isolotti disabitati, si ergono imponenti e solitari tra la macchia mediterranea e, col ritmico lampeggiare del loro fascio di luce, rasserenano i naviganti di tutto il mondo: sono le sentinelle del mare, da sempre in posizione strategica.

Nonostante l’impiego delle più moderne tecnologie, infatti, i fari ancora oggi costituiscono un indispensabile ausilio per le imbarcazioni (soprattutto per quelle di minori dimensioni dotate di strumenti di bordo meno sofi sticati). La loro costruzione si ricollega alla necessità – sorta con la navigazione – di avere un punto di riferimento sicuro sulla terraferma, ben visibile dal mare. Il faro più antico e famoso fu quello realizzato nell’isolotto di Pharos, presso Alessandria d’Egitto: veniva annoverato tra le sette meraviglie del mondo antico e dette il suo nome alle analoghe opere erette successivamente sulla base del suo modello.

Virginia Woolf

Circumnavigando la Sardegna è possibile ammirare oltre trenta fari che, tranne poche eccezioni, sono tuttora attivi. Andando per fari, vicende storiche e curiosità si intersecano in un viaggio fatto con gli occhi e con la memoria: un viaggio quindi non solo geografi co ma anche storico, artistico e persino letterario. Da essi hanno tratto ispirazione scrittori come Giulio Verne e Virginia Woolf. Quest’ultima vedeva il faro come “una torre argentea, nebulosa, con un occhio giallo che si apriva all’improvviso e dolcemente la sera”; e ancora racconta che il faro “torreggiava, nudo e dritto, scintillando, bianco e nero e si vedevano già le onde che si frangevano in bianche schegge come frammenti di vetro sugli scogli”.

Verne ha scritto il romanzo Le Phare du Bout du Monde da cui fu tratto anche il celebre fi lm, dallo stesso titolo, con Kirk Douglas e Yul Brinner, in cui si narra la storia di tre eroici guardiani di un faro che lottano, anche con tragiche conseguenze, contro dei feroci pirati che hanno assalito la loro isola.

Ogni faro ha la sua storia da raccontare: storie di terribili tempeste, di naufragi e salvataggi, oppure storie fantastiche legate alla loro costruzione o alle condizioni di vita dei guardiani che si sono susseguiti nel tempo. Talvolta si è in presenza di architetture non prive d’interesse storico artistico o comunque dotate di dispositivi tecnici degni di nota. In ogni caso i fari sono ubicati in contesti ambientali di notevole valore paesaggistico.

Jules Verne

Ad esempio il faro di Capo Caccia si trova in cima ad un imponente dirupo che sovrasta le famose grotte di Nettuno, una formazione geologica antichissima scavata nella roccia a livello del mare: un vero e proprio trionfo di stalattiti e stalagmiti. La storia di questo faro inizia nel 1864, lo stesso anno di quello realizzato a Capo Sandalo sull’Isola di San Pietro. E del resto all’origine delle due opere vi è la stessa legge: la n. 4197 in data 5 luglio 1860 del Regno di Sardegna che contempla lo stanziamento di una “spesa straordinaria per l’erezione dei fari al Capo Sandalo e al Capo Caccia”.

La lanterna di Capo Caccia è stata illuminata con i più diversi combustibili fra cui l’acetilene fi no a circa il 1880, i vapori di petrolio e, dal 1961, l’elettricità. Ora, come tutti gli altri fari italiani, è illuminata da una lampada alogena da 1000 watt. La sua luce è visibile a 34 miglia di distanza (cfr. Anna Maria Mariotti,

Il faro di Capo Caccia, in Nautica, n. 519, luglio 2005). Si tratta di una costruzione imponente sulla cui sommità svetta una torre di circa 24 metri che, sommati all’altezza della scogliera, porta l’altezza totale del faro a 186 metri sul livello del mare e fa di Capo Caccia il faro più alto d’Italia. E’ questo il regno di Luigi Critelli (il “guardiano del faro”) e della sua famiglia. A Capo Sandalo a sovrintendere al faro è Bruno Colaci, figlio di un guardia no del faro. Il farista di Porto Ponte Romano (Sant’Antioco) è invece Bruno Leone. Ormai sono rimasti in pochi perché i fari sono tutti automatizzati.

Partendo dal faro di Capo Sant’Elia (Cagliari), realizzato intorno al 1860, e dirigendoci verso ovest incontriamo il faro di Capo Pula e quello di Capo Spartivento (risalente al 1866 e, di recente, in parte sdemanializzato). Quindi – sempre nel Sulcis – i fari dell’Isola del Toro, di Sant’Antioco (realizzato nel 1924 in prossimità del ponte romano), dello scoglio di Mangiabarche (costruito nel 1935 di fronte a Calasetta), di Capo Sandalo (nell’Isola di San Pietro, 1864), dello scoglio della Ghinghetta (nei pressi di Portoscuso, 1919) e dell’Isola Piana.

Risalendo la costa, nell’Oristanese troviamo i fari di Torre Grande, Capo Frasca, Capo San Marco,dell’Isola di Maldiventre e di Capo Mannu. Quindi il faro di Bosa Marina (datato 1883), quelli di Capo Caccia e Porto Conte (nei pressi di Alghero), il faro di Punta Scorno (realizzato nel 1859 nell’Isola dell’Asinara) e il faro di Porto Torres. In Gallura abbiamo i fari di Capo Testa (Santa Teresa, 1845), dell’Isola di Razzoli (realizzato nel 1843 ma non funzionante), dell’Isola di Santa Maria (1913), degli isolotti Corcelli e di Barettinelli di Fuori, di Punta Sardegna (1913) e Capo D’Orso (entrambi in Comune di Palau), degli isolotti Monaci, dell’Isola delle Bisce, di Capo Ferro (Porto Cervo), dell’isolotto di Figarolo, dell’Isola della Bocca e dell’Isola Bianca (Olbia) e di Punta Timone (realizzato poco dopo il 1920 neIl’Isola di Tavolara).

Il faro di Punta Sardegna, di recente è stato dato in concessione al Laboratorio di geologia marina del Dipartimento di scienze geologiche, ambientali e marine dell’Università degli Studi di Trieste che – in collaborazione col Comune di Palau ed il “Gruppo di ricerca per la geologia marina” dell’Università di Cagliari – ha realizzato e inaugurato (3 giugno 2007) un “Osservatorio sulle coste e sull’ambiente naturale sottomarino (Oceans) per la difesa del patrimonio marino e costiero delle Bocche di Bonifacio.

Il centro, dotato di quattro moderni laboratori, potrà ospitare sino a 16 ricercatori (quattro docenti e dodici studenti). Attraverso tale iniziativa si persegue inoltre lo scopo di valorizzare l’aspetto divulgativo dell’informazione scientifica d’intesa con le politiche del Ministero dell’Istruzione e dell’Università. In particolare sono previste tutte le forme di cooperazione e di interazione con scuole, enti ed associazioni che hanno la competenza e la volontà di salvaguardare il mare.

Altri fari li troviamo a Capo Comino (Siniscola), Capo Bellavista (Arbatax 1866), Capo Ferrato, Capo Carbonara e nell’Isola dei Cavoli: quest’ultima costruzione risale al 1856 ed è dunque una delle più antiche della Sardegna, oltre che tra le più affascinanti. Per la sua realizzazione venne inglobata una torre difensiva spagnola del 1591.

Per saperne di più – e soprattutto per ammirare le splendide immagini – è possibile consultare il sito internet www.farisardegna.it messo in rete nel febbraio 2007 da Andrea Utzeri e Sabrina Onano (tuttora in fase di ultimazione).

Nel corso dei secoli queste costruzioni, al pari delle torri costiere, hanno avuto una storia ricca di eventi – talvolta drammatici – alternata a lunghi periodi di silenzio. Ora, col preannunciato passaggio della proprietà dal Demanio dello Stato alla Regione Autonoma della Sardegna (la notizia e dell’agosto del 2006), attendono un nuovo destino. I beni dovrebbero essere dati in gestione alla “Conservatoria delle coste”, il servizio istituito nel 2005 presso la Presidenza della Giunta ai fi ni della tutela e della gestione dei gioielli di interesse storico-culturale, ambientale e paesaggistico presenti nei litorali isolani. Insomma, per i fari della Sardegna si volta pagina.

Foto di Andrea Nissardi