L’ordine dei Gerosomilitani nasce nella metà del XI secolo, a seguito della fondazione a Gerusalemme di un ospedale dedicato a San Giovanni Battista, gestito da una confraternita di frati laici per dare cura e assistenza ai malati e ai pellegrini nella città Santa.
Fondatore dell’ordine di San Giovanni di Gerusalemme fu Gerardo Sasso nel 1099, che abbracciò la vita monastica entrando nel convento benedettino del Monastero dei Latini nella città vecchia di Gerusalemme, ricevendo da subito l’incarico di gestire il vicino ospizio.
La comunità laico religiosa seguiva la regola di Sant’Agostino, basata su due fondamentali cardini: a) l’amore deve animare tutti i rapporti interpersonali, sia tra monaco e monaco, sia tra superiore e suddito; b) la perfetta vita comune è il segno della comunione dei cuori e della povertà evangelica.
L’opera dei Gerosomilitani, nota già precedentemente all’indizione della prima crociata del 27 novembre 1095, venne apprezzata e riconosciuta dal Papa Pasquale II nel 1113. Sette anni dopo nel 1120 venne trasformata in ordine monastico:“Ordo Fratum Hospitalariorum Hierosolymitanorum”(Ordine dei Fratelli dell’Ospedale di Gerusalemme). Nello stesso anno moriva il suo fondatore e venne chiamato alla successione Raymond du Puy de Provence, condottiero francese, che assunse il titolo di Gran Maestro dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme.
La crociata non aveva scongiurato il pericolo mussulmano, i pellegrini erano ancora ad alto rischio d’essere attaccati o razziati lungo cammino verso Gerusalemme.
Raymond du Puy, sapendo quale pericolo correvano i pellegrini, dispose che i fratelli oltre che curare ed assistere i malati in Terra Santa dovessero anche scortarli, e se necessario fare uso delle armi. Divennero così, intorno al 1180 un ordine cavalleresco religioso, denominato “Ordine ospedaliero dei cavalieri di S. Giovanni in Gerusalemme”. Con questa funzione si inserirono nel movimento degli ordini religiosi cavallereschi cristiani, che andavano nel periodo increscendo. Chiamati più in generale “Templari”, si espansero in Europa, con importanti sedi anche in Italia.
Tra i più importanti ordini in Italia si ricordano: i Gerosolimitani, i Francescani, i Domenicani, i Carmelitani e i Servi di Maria tra i più famosi.
La Sardegna non fu esente dell’espansione templare, in particolare nel nostro territorio viene ascritta al XII secolo, a seguito del matrimonio di Agalbursa de Cervera, che sposò il Giudice d’Arborea Barisone di Lacon-Serra. Il 31 ottobre del 1157 Agalbursa assunse il ruolo di Giudicessa consorte, ottenendo in dote tre corti, Bidonì, San Teodoro e Oiratili (Urradili) a Guspini, e con lei al seguito giunsero numerosi dignitari catalani, fra i quali alcuni frati combattenti. Nel 1198 nel giudicato è attestata la presenza della domus templare di Arborea, che alcuni studiosi individuano nella chiesa di Sant’Antonio di Oristano, dove era l’omonimo convento Gerosolimitano, con relativo ospedale. Dei templari in Sardegna non abbiamo molti documenti e tanto meno dei Gerosomilitani, però le testimonianze non mancano compresa quella di Guspini. Una indicazione certa della presenza dei monaci cavalieri nella cittadina mineraria la si ritrova nell’opera di Jorge Aleo in “Successos generales de la Isla y Reyno de Serdeña”, Cagliari, 1684: “en la villa de Guspini havia otrio monasterio … iglesia… al presente agregada a la Religion de los cavalleros de San Juan de Malta”. Indicazione ripresa nel 1826 da D. Giuseppe Mannu nell’opera“Storia di Sardegna“, quando elenca i monasteri eretti dai diversi ordini monastici venuti dal continente prima del XIII secolo: “Altro in Guspini nella chiesa poscia ceduta ai cavalieri Gerosomilitani”.
Il Manno fa riferimento alla chiesa di Santa Maria Assunta, lasciata in abbandono dai monaci bizantini, sicuramente a seguito dello scisma consumato tra la Chiesa Romano-Cattolica e quella Greco-Ortodossa nel 1054, ceduta poi ai Gerosomilitani. Quando questo passaggio sia avvenuto non è dato sapere. È possibile però una ricostruzione storica, partendo dagli elementi architettonici e dalla epigrafe recuperata nel 1892 posta nel pilastro a sinistra dell’altare, che indica l’anno domini 1294, probabile datazione della consacrazione del tempio.
Datazione che associata alle caratteristiche architettoniche dell’attuale impianto, ci condurrebbe al periodo giudicale ed alla figura di Guglielmo di Capraia, cavaliere pisano, che nel 1241 assurse a Giudice d’Arborea, in quanto tutore di Mariano II. Non è quindi da escludersi che Guglielmo di Capraia, figlio di Ugo degli Alberti di Capraia, in qualità di giudice de facto, donò ai Gerosomilitani l’antico monastero e la chiesetta che lui stesso probabilmente concorse a ricostruire con un’opera pertinente il periodo, in stile romanico pisano, ponendovi nel sopracciglio d’ingresso l’effigie della sua casata, il caprone. Ancora oggi il Comune di Capraia è rappresentato nel simbolo araldico con il caprone rampante.
L’ordine monastico cavalleresco dei fratelli dell’ospedale di San Giovanni, oltre che ricevere la nuova struttura ecclesiale eresse sul retro della chiesa, dove insisteva il cenobio bizantino, il nuovo monastero con esposizione a levante. Sul fronte della residenza religiosa a ponente, dirimpetto all’abside della chiesa, venne eretto un ampio e profondo porticato, di cui si conservano ancora le colonne, dove accoglievano poveri, vedove, vecchi, viandanti e curavano i malati. Lontani da Gerusalemme e dalle crociate, i Gerosomilitani continuarono la loro opera sociale anche a Guspini, mantenendo l’ordine cavalleresco che il Gran Maestro du Puy aveva diviso in tre classi: i preti e elemosinieri, i frati serventi che si occupavano dei malati ed i cavalieri di origine nobile, di cui sicuramente era parte lo stesso Guglielmo di Capraia. Probabilmente anche nella domus Guspini si reclutavano i frates, cavalieri che costituivano la milizia ospedaliera e si raccoglieva il denaro da inviare in oriente. L’ordine, devoto alla Vergine Maria, mantenne la festività dell’Assunta nella forma bizantina, collaborando con la chiesa locale ed è forse in questo periodo che vennero coinvolte le donne nella vestizione dell’Assunta, come ancora oggi. L’ordine Gerosomilitano contemplava la presenza femminile per le funzioni assistenziali e ecclesiali, le stesse venivano governate da una priora eletta. Così come la domus Guspini doveva essere in carico ad un priore che curava l’organizzazione, il rispetto delle regole del tempio e la festività dell’Assunta. Le vicissitudini storiche hanno mutato gli eventi, le regole ed i riti, ma la tradizione ci ha conservato lo spirito cavalleresco della festività della Madonna dormiente, restituendoci la processione e l’adorazione nello spirito Gerosolimitano. La processione, come ancora oggi, era aperta dai cavalieri guidati dal priore-alfiere (oggi dal presidente del comitato), che custodiva e portava il vessillo, scortato e difeso da almeno cinque fratelli cavalieri sino ad un massimo di 10 (oggi da is obreris), per custodirlo poi sino alla nuova cerimonia. L’adorazione della Vergine Assunta veniva ripetuta per tutti gli otto giorni della festa, cominciava il 15 agosto al rientro della processione con il posizionamento del simulacro, come oggi, nella navata centrale presso le panche in pietra dove prendevano posto i cavalieri in contemplazione, con l’abito cerimoniale dal manto nero e croce bianca o manto bianco e croce rossa. Questo rito ci viene ricordato attraverso i capitoli XI e XII del ”Transito della Beata Vergine Maria” attribuito leggendariamente a Giuseppe di Arimatea (nobile decurione e discepolo del Signore) che ci tramanda l’assunzione in cielo della Vergine Maria:
“Come un giglio tra le spine, tale è la mia amata tra le fanciulle… che tutti quelli che erano la presenti caddero sulle loro facce come caddero gli apostoli quando Cristo si trasfigurò alla loro presenza sul Monte Tabor, e per un’ora e mezza nessuno fu in grado di rialzarsi. Poi la luce si allontanò e insieme con essa fu assunta in cielo l’anima della Beata Vergine Maria in un coro di salmi, inni e cantici dei cantici. E mentre la nube si elevava, tutta la terra tremò e in un solo istante tutti i Gerosolimitani videro chiaramente la morte della santa Maria”.
Giuseppe poi, meglio preciserà, perché Maria non morì ma assurge al cielo dormiente: “li avvolse una luce dal cielo, e mentre cadevano a terra, il santo corpo fu assunto in cielo dagli angeli”.
Un rito mistico di grande suggestione e spiritualità, che si ripete ancora oggi con la luce che penetra dalla finestrella Orientis (simbolo del Cristo luce del mondo), illuminando gradualmente tutto il corpo della vergine, per poi scomparire.
Terminate le festività il simulacro dell’Assunta veniva riposto, non nella tomba, ma nella Dormitio sotterranea, che ancora si conserva.
I Gerosomilitani stettero a Guspini sino al XVII secolo, lasciando la domus e la chiesa con il titolo di “Santa Maria di Malta”, dopo il 1530, quando Carlo V donò loro l’isola di Malta e da allora chiamati dell’ordine di Malta o cavalieri di Malta.
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